Le fiere negli anni 2.0 tra internazionalizzazione e sviluppo dei territori". Questo il tema del forum internazionale sul settore organizzato da Fondazione Fiera Milano. Molto prestigioso il panel degli ospiti, invitati dal padrone di casa, il presidente Gianpiero Cantoni. Da D'Alfonso a Sangalli, da Podestà a Tajani, da Pazzali ad Auricchio, da Nanetti a Schwara, saranno molti gli ospiti sia italiani che stranieri. Il direttore di Affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino, modererà una "sessione" della giornata, dal tema "Gli stakeholder locali: approcci di governance al sistema fieristico"
In un'intervista ad Affaritaliani.it Gianpiero Cantoni illustra i temi della giornata.
Presidente Cantoni, quale messaggio volete mandare al vostro settore con l’organizzazione di questo evento?
Abbiamo organizzato questo forum con l’obiettivo di proporre un serio e qualificato confronto internazionale su quanto, soprattutto in questi ultimi anni, sta accadendo nel mondo delle fiere; un comparto vitale per l’intero sistema economico nazionale, che vi ha sempre trovato, e continuerà a farlo, la propria ideale vetrina. È un momento di riflessione attraverso il quale vorremmo cercare di portare le dinamiche globali del settore fieristico all’attenzione degli operatori economici, dei media e dei decisori pubblici italiani, con l’obiettivo di avviare un dibattito a livello nazionale e non più solo locale.
Possiamo dire che Fondazione e il gruppo Fiera Milano si propongono quale capofila del settore fieristico italiano?
Ci farebbe piacere che un’azienda come la nostra che vanta ormai quasi un secolo di leadership a livello mondiale venisse riconosciuta come una delle voci più importanti, attendibili e qualificate del settore. Un ruolo guida, insomma, che possiamo agevolmente ricoprire con benefici che ricadrebbero su tutti gli attori del settore, a partire da quell’universo composto dalle tantissime aziende, soprattutto PMI, che ogni anno partecipano alle fiere, sopportando magari grandi sacrifici economici pur di garantirsi una presenza alle manifestazioni più rilevanti.
Possiamo dire che oggi ogni quartiere fieristico persegue i propri interessi, senza una politica comune che potrebbe avvantaggiare tutti?
È innegabile che da qualche anno il panorama fieristico italiano è molto, troppo frammentato e questo indebolisce tutto il sistema. La domanda di metri quadrati espositivi è largamente superiore all’offerta, e soprattutto in un periodo di crisi come questo, una maggiore e più concreta collaborazione tra i principali operatori del settore potrebbe contribuire a risolvere alcune criticità. Del resto l’esperienza di altri Stati, alcuni dei quali vedono dei loro rappresentanti tra i relatori del 26 marzo, ci dimostra come un efficace coordinamento nelle politiche di promozione dell’export sia premiante grazie anche alle fiere, specie se riunite in un unico e forte soggetto associativo che abbia degli obiettivi comuni da perseguire.
Cosa direte ai vostri ospiti durante il convegno? Quali sono i punti di forza del nostro sistema fieristico, del quale da decenni siete indubbiamente la punta di diamante? Quali i modelli esteri da osservare?
Insieme a loro analizzeremo delle specifiche case history su tre importanti temi: le fiere come strumento di politica industriale, i diversi approcci di governance da parte degli attori locali rispetto ai sistemi fieristici; e i modelli di business all’interno del settore fieristico attraverso l’integrazione con gli altri media.
Per delineare i trend in atto nel mondo abbiamo invitato esperti e discussant internazionali, sia ampiamente affermati, sia emergenti, quali Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Cina e Corea. Osservando e analizzando modelli ed esperienze altrui, speriamo di riuscire a trarre spunti di riflessioni attuabili nel nostro Paese.
Presidente, come giudica la “trasformazione” dell’ICE? Chi oggi potrebbe affiancare l’istituendo soggetto, magari in modo più incisivo rispetto al passato?
In un mondo che si allarga sempre di più, che stenta ad avere confini facilmente identificabili e nel quale la ripresa economica deriva soprattutto dalla ripresa dei mercati esterni, le politiche per l’export ricoprono un ruolo estremamente importante per il successo di tutto il Sistema Paese, e quindi anche del comparto fieristico che ne è una delle colonne portanti. La Fiera di Milano prima e Fondazione Fiera Milano dopo non si sono mai tirate indietro davanti alle sfide e agli impegni assunti, anche i più difficili e problematici. Abbiamo sempre ottemperato con la massima responsabilità ai nostri compiti; ed è da una profonda riflessione e da un lungo percorso di analisi che riteniamo sia giunto il momento di farci carico di proporre una regia comune per intensificare la presenza delle aziende italiane alle manifestazioni che si svolgono negli altri Paesi, soprattutto quelli con maggior potenziale di sviluppo. Un sistema fieristico di assoluta eccellenza come quello italiano, con delle punte di diamante affermate a livello mondiale nei vari settori espositivi, si potrebbe occupare con maggior successo della promozione internazionale del made in italy
Da sempre l’Italia, grazie soprattutto alla Fiera di Milano, è leader nel mondo delle fiere. Ritiene che se non cambiano alcuni fattori, questa leadership sia a rischio?
Occorre considerare seriamente lo spostamento dei mercati di sbocco delle principali produzioni italiane in paesi molto distanti. Il sistema fieristico italiano, forte in patria ma quasi inesistente sui mercati esteri, deve obbligatoriamente crescere nei paesi a maggior sviluppo attuale e futuro, per accompagnare i propri clienti – in primis le aziende italiane, soprattutto quelle di piccole o piccolissime dimensioni, che sono poi la maggioranza del tessuto produttivo italiano – su questi mercati, non sempre facili da affrontare per differenze culturali e di approcci economici, ma anche e soprattutto per internazionalizzare i propri brand fieristici, altrimenti destinati alla marginalizzazione.
Qual è il primo provvedimento che si dovrebbe adottare per rendere più incisiva a livello internazionale la rappresentatività delle fiere italiane
Ci piacerebbe poter assistere alla nascita di un’associazione rappresentativa dell’intera filiera fieristica. Un unico soggetto, che abbia un peso ma soprattutto un’unitarietà di intenti che vada al di là della mera visione campanilistica. Come dicevamo prima, l’attuale assetto frammentato porta a una non efficace azione di guida del settore e ad un’inadeguata interlocuzione con i vari livelli di governo. Troppi soggetti che perseguono – o cercano di farlo – lo stesso obiettivo ma senza una linea di condotta comune possono paradossalmente creare più problemi che benefici. Di fronte a questo scenario sarebbe meglio piuttosto che ogni singola realtà fieristica provvedesse a se stessa, almeno ognuno ha ben chiari e delineati gli obiettivi da raggiungere e i mezzi di cui dispone per farlo.
Per Fondazione Fiera Milano si chiude un decennio importante, che vi ha visti impegnati nella trasformazione del sistema fieristico milanese. Questo convegno rappresenta il primo passo di una nuova mission?
In dieci anni è stato fatto tutto ciò che si doveva fare, e lo si è fatto anche nel migliore dei modi: Fieramilano è un quartiere ormai conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, che ogni anno viene visitato da oltre sette milioni di addetti ai lavori. Ma anche da migliaia di studiosi, studenti e professionisti che da tutti i Paesi ci chiedono di poterne ammirare le pregevoli caratteristiche architettoniche e di servizio. Le sue funzioni compatibili (le torri albergo di Perrault e la Torre orizzontale dei 5+1A) rappresentano un altro segno architettonico che ha modificato profondamente l’intero skyline del nord ovest milanese. Poi c’è il MiCo – Milano Congressi, che ampliando il preesistente centro congressi cittadino con i suoi 18mila posti mette a disposizione della città e di tutto il Paese la più grande e moderna struttura nel settore a livello europeo e – probabilmente – mondiale.
Adesso, mi si passi la licenza, completato l’hardware dobbiamo impegnarci, di comune accordo con la nostra controllata Fiera Milano spa, del software. Fiera Milano oggi dispone di tutte le strutture umane e logistiche per riappropriarsi a pieno titolo della propria leadership. E con eventi come questo convegno, unitamente ad altri progetti che abbiamo in cantiere e che si concretizzeranno entro la fine dell’anno, siamo certi di avere imboccato la strada migliore per perseguire i nostri obiettivi.
Quindi avete in serbo qualche “sorpresa” per i prossimi mesi…
Sì, più d’una e sempre, come da nostra tradizione, pensata e realizzata a favore della collettività, perseguendo quello spirito di sussidiarietà che da sempre è nel dna di Fondazione Fiera. Progetti ambiziosi, che sono ormai in fase avanzata di realizzazione. E che presto presenteremo alla città e ai nostri stakeholder.
Mancano poco più di tre anni all’avvio di Expo: come pensa che si stia gestendo tutta la partita. Alla fine che bilancio ne potremo fare?
Nel nostro Paese i tempi di realizzazione dei grandi eventi – e l’Expo sarà un grandissimo evento – hanno una gestazione sempre più lunga rispetto a quanto magari accade in altre nazioni. Ma poi, quando si entra nel vivo dell’azione il nostro innato genio e le grandi capacità manageriali di cui disponiamo ci portano a raggiungere livelli di assoluta eccellenza, che tutti ci riconoscono. Per ciò che riguarda Fondazione Fiera Milano e il Gruppo Fiera, posso senza alcuna presunzione affermare che per buona parte il nostro dovere lo abbiamo già fatto: abbiamo rivestito un ruolo di primissimo piano in fase di presentazione del dossier di candidatura che ha portato Milano e l’Italia all’assegnazione dell’evento. Abbiamo costruito il MiCo, Milano Congressi, una delle prime strutture al servizio anche delle Expo realizzate da privati, che a maggio compirà un anno dall’avvio dell’attività. Quindi abbiamo aderito alle richieste del Commissario Straordinario Giuliano Pisapia e del Commissario Generale Roberto Formigoni di Expo di conferire le aree di nostra proprietà per la realizzazione dell’evento. Se verrà richiesto ancora il nostro apporto, noi siamo sempre pronti. Come lo siamo da quasi un secolo, del resto.