Ora che la nuova Alitalia è ai banchi di partenza, che ne sarà di Malpensa? E’ paradossale che la discussione si stia di nuovo avvitando sul futuro dell’aeroporto insubrico. Come i lettori ricorderanno, la stessa, coraggiosa, decisione di Berlusconi e del Pdl di dire “no” all’opaca offerta di Air France, pure fortissimamente voluta da Tommaso Padoa Schioppa, aveva una delle proprie ragioni d’essere nel fatto che l’acquisizione di Air France, riducendo Alitalia a compagnia del tutto marginale, avrebbe di fatto lasciato sguarnita Malpensa. Ciò avrebbe avuto - e avrebbe - gravissime conseguenze, non solo perché metterebbe completamente in discussione gli ingenti investimenti fatti su questa importante realizzazione negli ultimi dieci anni. Ma soprattutto perché Malpensa come hub ha una importanza fondamentale per la parte più dinamica e propulsiva del Paese: le imprese del Nord (della Lombardia e del Piemonte orientale, ma anche del Veneto) che già patiscono oltremodo infrastrutture incredibilmente deficitarie, per la parte d’Italia che produce più di un terzo del PIL.
Letizia Moratti, in una coraggiosa intervista al Corriere, ha stimato in un punto di PIL la perdita di creazione di ricchezza che dovremmo scontare, se Malpensa - coerentemente all’antico piano di Air France - fosse marginalizzata e divenisse un aeroporto periferico, lasciato fuori dal giro delle grandi rotte. Possiamo permettercelo, in tempi duri come quelli che si stanno annunciando?
Che fare, allora? La risposta l’hanno fornita, da alcuni mesi in qua, Roberto Formigoni, l’assessore ai trasporti della Regione Lombardia Raffaele Cattaneo, il presidente della SEA Giuseppe Bonomi. Si tratta di giungere alla piena liberalizzazione dei cieli, dando la possibilità agli aeroporti di vendere liberamente gli slot, senza più il sistema di rigidità che ora caratterizza questo particolare, e importantissimo, mercato.
E’ ormai chiaro, infatti, che il problema è quello di separare i destini di Alitalia e Malpensa, anche se un’Alitalia che penalizzi Milano sarebbe una Mezzalitalia. La “soluzione italiana” avrebbe dovuto portarci a valorizzare questo importante scalo, non a metterne di nuovo in forse il futuro. Malpensa, in quest’anno d’incertezza (perché tanto è passato, ormai, dal tavolo della trattativa con Air France fatto saltare coi sindacati), ha fatto ciò che fa responsabilmente un’impresa in difficoltà: ha diversificato. E così ha cercato di attrarre altre compagnie (EasyJet è ormai il primo vettore dello scalo), cercando di ampliare e non di restringere il ventaglio di possibilità che offre ai viaggiatori lombardi). Il management della SEA ha lavorato bene - e benissimo si è comportata la troika degli amministratori, e da avversario politico metto nel mazzo anche il pd Filippo Penati, che ha difeso, con Moratti e Formigoni, gli interessi del territorio in modo pragmatico.
Il partner internazionale che Roberto Colaninno e i suoi sceglieranno è affar loro, e non della politica. Non può esserci un intervento imperativo che li distolga dallo scegliere Air France e non Lufthansa - anche se stupisce che imprenditori così radicati al Nord e che hanno manifestato finora un coraggio ammirevole non s’impegnino per tutelare un interesse che dovrebbero sentire proprio, dal momento che riguarda la centralità del territorio in cui fanno impresa.
Detto questo, bisogna lasciare la SEA, il suo management e gli amministratori del territorio liberi di muoversi a trecento sessanta gradi, per valorizzare Malpensa. Questo significa necessariamente togliere dal congelatore gli slot che Alitalia non desidera utilizzare, ma che tiene bloccati. Perché siano venduti al miglior offerente, ma anche perché questo miglior offerente si segnali per la sua sensibilità complessiva rispetto alla valorizzazione di Malpensa, e del territorio che su Malpensa punta così tanto per la propria crescita e il proprio sviluppo.
Grazie a Letizia Moratti e Roberto Formigoni, nel 2015 Milano sarà sede dell’Expo. E’ possibile immaginare un Expo con una Malpensa in disarmo o ridotta a aeroporto della nostra decadenza? E’ possibile pensare che il fiume di aziende, delegati, rappresentanti di governi e turisti che invaderà la città passi da Parigi più ancora che da Fiumicino per poi arrivare, dopo una penosa “connection”, sotto la Madonnina? La strategia multi-hub di Lufthansa (che anche in Germania si sdoppia su Francoforte e Monaco) parrebbe più adatta sullo scalo lombardo. E liberalizzando gli slot, il governo risponderebbe anche alla critica di chi l’accusa di avere costituito un nuovo monopolio di fatto nel trasporto aereo italiano. Come sempre in Italia, dare una chance a Milano è dare una chance al mercato.