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Il sentiero stretto che si sviluppa tra rigore e crescita

19/01/2011- Panorama Economy - Controvento

Durante la recente votazione sulla fiducia al governo, Massimo D’Alema ha accusato il presidente del Consiglio di evocare «sentimenti calcistici, non politici». Se depuriamo la frase dell’ironia di D’Alema, possiamo dire - a malincuore - che purtroppo la lettura calcistica della politica continua a farla da padrone. Tutto è contrapposizione sterile, un derby permanente, alla peggio chiacchiera da spogliatoio.
È il caso del preteso disaccordo fra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti che ha infiammato giornali nei giorni scorsi. Tremonti, da Parigi, ha semplicemente ribadito una cosa ovvia: la crisi non è finita. Sono passati i fuochi della crisi finanziaria, Aig statalizzata in condizioni di emergenza dal governo americano sta per ritornare al mercato (anche se con modalità che sono tutto fuorché chiare, come ha evidenziato l’ex amministratore delegato Hank Greenberg sul Wall Street Journal), il mercato immobiliare si sta riassestando, anche se con difficoltà, in America come ovunque nel mondo non sono all’orizzonte fallimenti o quasi- fallimenti di grandi banche. Ma Tremonti dice solo la verità quando sottolinea che il salvataggio della Grecia e dell’Irlanda è andato in primis a vantaggio del sistema bancario. Anche il debito pubblico italiano, del resto, è per un quinto o giù di lì in pancia a istituti di credito francesi. Il mercato del debito è una realtà complessa, sfaccettata, nella quale abbondano gli intrecci, e sfilare una tessera sola può portare alla caduta di tutto il domino.
Berlusconi avrebbe un’idea diversa? Al contrario. In Italia il presidente del Consiglio impegnato nel difficilissimo gioco di garantire la sopravvivenza politica al governo, non perché tema le elezioni ma proprio perché non possiamo presentarci in un vuoto di potere in una fase di grande instabilità sui mercati internazionali — ha detto, in buona sostanza, che bisogna fare riforme procrescita. Se dobbiamo tenere sotto controllo il rapporto deficit-Pil, come l’Europa giustamente ci obbliga a fare, è evadente che bisogna contemporaneamente contenere il deficit ed espandere il Pil.
Berlusconi e Tremonti sono le due facce della stessa medaglia. Del resto, proprio il ministro dell’Economia - cercando di aprire una discussione sulla modifica dell’articolo 41 della Costituzione, purtroppo tramontata anzitempo e che andrebbe semmai riaperta - aveva da par suo posto il tema del ritorno alla crescita. Tema presidiato anche dai ministri Gelmini e Sacconi: insomma dal team che, dalla tolda di comando del governo, sta cercando di spaccare il gesso che imbriglia l’Italia.
Lo spirito calcistico pervade la politica, certo. Penso anche alle polemiche contro il presidente Napolitano - che, nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità, ha fatto il mestiere del presidente della Repubblica nel ricordare al Paese che il rispetto per le istituzioni parte dal tricolore. In questo momento, come ai tempi di Cavour e Vittorio Emanuele II, ci vorrebbe un senso dell’Unità. Pensate a che impresa straordinaria fu, unificare l’Italia. Non tutti i patrioti che parteciparono all’impresa si sentivano uniti da un sentimento di lealtà nei confronti di casa Savoia: penso allo stesso Garibaldi, agli emiliani e ai toscani che si erano già sentiti traditi, in passato, dalla timidezza della casata. Ma in tutti sullo spirito di fazione prevaleva un senso di realtà. Innanzi a un’impresa unica nella storia, le appartenenze impallidivano. La storia vinceva sulla politica. Così dovrebbe essere oggi. Puntando al federalismo, senza timore che questo spacchi il Paese. Anzi. Abbiamo una classe dirigente di ottimo livello, come mai negli ultimi anni. Forza, Italia.